Tra le varie iniziative in preparazione all’evento della Beatificazione di suor Leonella, spicca la commovente e fraterna Veglia di preghiera tenutasi nel Santuario del Beato Allamano, a Torino, il 23 maggio 2018.
Nella terra di una strada di Mogadiscio, il sangue di una Missionaria rende ancor più rossa quella sabbia bruciata dal sole. Terra arida, fecondata dal sacrificio di tante vite innocenti, spezzate e bagnate da tante lacrime. Ma questa volta, la vittima innocente è una Missionaria della Consolata. La sera del 23 maggio 2018, nel Santuario del Beato Allamano un mondo di ricordi mi assale: l’ultima sua telefonata prima di salire sull’aereo, le risate a Nairobi, il suo pronto e decisivo intervento all’Ospedale di Nkubu che ha salvato la mia vita. Un canto mi scuote dai ricordi e vedo suor Lucia Bortolomasi e suor Cecilia Pedroza avanzare scortate dalle nostre novizie, tenendo fra le mani, in alto, il quadro di Suor Leonella accompagnato da una candela, segno della sua vita consumata per amore.
È così che ha inizio la Veglia in preparazione alla Beatificazione. Tutto si svolge tra canti, Parola di Dio e testimonianze.
Il saluto di Madre Simona è un invito a lasciarci penetrare dal messaggio di suor Leonella che ci aiuta a comprendere in profondità il nostro carisma, a chiederci perché siamo Missionarie della Consolata e questo nella scia del perdono; pensando proprio a quello che è avvenuto in questa donna al momento della morte: “Lei riceve sette pallottole e restituisce 3 parole: PERDONO, PERDONO, PERDONO. La missione è questa, essere cristiani è questo, saper interrompere il circolo della morte con l’amore. E come Leonella, ricevere il male ma restituire il bene, la benedizione, il perdono”.
In seguito ascoltiamo una breve sintesi della sua vita, seguita dal canto Like a sunflower (Come un girasole) e la presentazione di una bellissima composizione di girasoli. Questo perché suor Leonella si identificava con il girasole che è costantemente in ricerca del sole. Così era lei, nonostante i momenti segnati dalla fragilità umana, cercava sempre il “sole” Gesù e la sua vita era tenacemente orientata verso di Lui. Nel suo diario, il 19 marzo del 2006 scrive: “Giornata di ritiro e di unione. Davvero è importante per me questo tempo di unione, tempo libero solo per Lui. ‘Tu sai Signore quanto mi sei assolutamente importante, sono Tua in amore, reciprocità, sono Tua e voglio essere unita a te in ogni istante…’”.
Una testimonianza assai vivace e piacevole è quella che ci viene data da Mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Djibouti e Amministratore Apostolico della Chiesa di Mogadiscio che fu il coniatore del detto: “Il cuore di Suor Leonella era più grande di lei”. Era un “cuore extra large”. Anche se lui non ha dato degli esempi concreti, in realtà, ci sarebbero tantissime testimonianze per dimostrare che davvero Suor Leonella aveva un “cuore extra large”. Ne riporto brevemente qualcuna: “Quando nel 1975 diventò caposala di Pediatria al Nazareth Hospital di Kiambu, in reparto aveva cinquanta posti letto disponibili. Lei trovava sempre il modo di aggiungerne altri. Non se la sentiva di rimandare a casa, magari facendole percorrere chilometri a piedi, una donna con il pancione solo perché mancava ancora una settimana al parto”. E ancora: “Aveva una cura squisita per il personale a suo carico, faceva preparare una colazione abbondante per chi staccava dal turno di notte, sapendo che a casa forse non avrebbe trovato nulla”. Anche lo staff dell’ospedale godeva delle sue tante delicatezze come il fatto che ogni pomeriggio alle 16,30 si trovavano tutti insieme per una focaccia e una bibita, e questa era l’occasione non solo per ristorarsi ma anche per scambiarsi le esperienze in corsia.
Commovente e insieme arricchente è stata la testimonianza di suor Joan Agnes Njambi Matimu, che ci ha raccontato la sua personale esperienza come allieva e poi come consorella di suor Leonella, membro della stessa Famiglia Missionaria. Suor Joan ha evidenziato anzitutto di aver imparato da lei lo spirito di preghiera e d’intimità con il Signore che per lei era fonte di gioia profonda. Ci spiegò con molti esempi il perché tutti la riconoscevano come la donna dal cuore grande: “Nella Scuola per infermiere chiamava e conosceva ciascuna per nome e s’interessava non solo dell’andamento dei nostri studi, ma anche della situazione delle nostre famiglie e desiderava sapere quali piani avevamo per il nostro futuro. Ci insegnava pure i valori grandi della donazione, dell’amore e della carità, ci diceva: ‘Dovete imparare non solo a ricevere, ma anche a dare il meglio di voi agli ammalati’. Ci instillava un profondo rispetto per la vita. Voleva infatti che diventassimo ‘infermiere della Consolata’, capaci di consolare e di spenderci per gli altri”.
La testimonianza finale è stata quella di suor Marzia Feurra, che in qualità di testimone oculare della vita concreta vissuta nella piccola comunità a Mogadiscio, ma anche della missione all’interno del SOS, ci ha raccontato con fierezza e dignità gli ultimi anni di missione di Suor Leonella fino al suo martirio.
E finisce così questo incontro, lasciando nel nostro cuore una gioia profonda e il desiderio di camminare anche noi sulla scia della santità e della donazione della nostra vita.
suor Pier Rosa Campi