Uno speciale legame con Maria Consolata

Lunedì 18 giugno, presso il Santuario della Consolata di Torino, si è celebrata, come sempre nel settimo giorno della Novena in preparazione alla Festa della nostra Patrona, una Messa per i Gruppi etnici presenti sul territorio. In questa occasione, la Chiesa torinese, arricchita dalla presenza di nuovi membri provenienti da tante parti del mondo, ha vissuto un momento di gioia particolare e di ringraziamento a Dio per la recente beatificazione di Suor Leonella Sgorbati, Missionaria della Consolata, uccisa a Mogadiscio il 17 settembre 2006 e dichiarata martire dalla Chiesa.

Questa celebrazione ha sancito anche il riconoscimento del legame speciale che Suor Leonella, come figlia fedele del Beato Allamano, ha vissuto con Maria Consolata. Lo indicava anche la felice collocazione del quadro della Beata, portato in processione da Madre Simona Brambilla, Superiora Generale, e da Suor Linda Lee Hill, e posto sul presbiterio: in basso, ai piedi dell’altare, il viso gioioso e sorridente di Suor Leonella e, in alto, nell’icona posta sopra il Tabernacolo, il volto dolcissimo di Maria Consolata.

La Messa, semplice e raccolta, è stata presieduta dall’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia; hanno concelebrato Padre Michelangelo Piovano, attuale Superiore Regionale dei Missionari della Consolata, Don Marco Prastaro, sacerdote diocesano che ha svolto il suo servizio per diversi anni in Kenya come fidei donum e numerosi sacerdoti diocesani, responsabili delle Cappellanie etniche e Padri della Consolata.

Prima che la celebrazione avesse inizio, Suor Maria Luisa Casiraghi ha letto un sintetico profilo della Beata, che sottolineava i momenti salienti della sua esistenza e soprattutto la sua disponibilità, fin dai primi anni della formazione alla vita religiosa missionaria, a donare tutta se stessa al Signore, secondo quanto Lui avesse deciso: “Spero che un giorno il Signore, nella sua bontà, mi aiuterà a dargli tutto o se lo prenderà… perché Lui sa che questo io realmente voglio”.

 

Questo desiderio di suor Leonella si è realizzato pienamente durante il suo servizio in Somalia, dove ha concluso la sua vita missionaria perdonando i suoi uccisori. Suor Maria Luisa ha espresso la gratitudine dell’Istituto alla Consolata per aver ispirato e accompagnato la beata Leonella nel cammino fino al dono totale di sé, nell’identificazione piena con Gesù.

In effetti, proprio al Santuario della Consolata, nel febbraio 2006, pochi mesi prima di essere uccisa, suor Leonella visse una straordinaria esperienza di intimità con Gesù Eucaristia e la conferma di una chiamata speciale a donare la sua vita, come Lui; da allora, come testimonia Suor Chiaretta Bovio, la sua preghiera fu una richiesta costante alla Consolata perché la aiutasse ad essere fedele a questa grazia.

L’ascolto della Parola di Dio ci ha introdotti nella contemplazione del mistero della sofferenza, – soprattutto quella ingiustamente subita dall’innocente – e del nuovo significato redentivo che Gesù le ha attribuito e a cui Suor Leonella è stata associata. La prima lettura, tratta dal Primo Libro dei Re, ci ha presentato la figura di Nabot di Izreél, vittima della rapacità del re Acab e delle trame crudeli della regina Gezabele, e il Salmo 5 una preghiera di lamento del povero, vittima dei soprusi dei malvagi; il Vangelo, proclamato da un diacono africano, ci ha proposto la sconvolgente novità introdotta da Gesù e da Lui per primo vissuta: “Avete inteso che fu detto: ‘Occhio per occhio’ e ‘dente per dente’. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello”.

Nell’omelia, l’Arcivescovo ci ha ricordato che la via di redenzione additata da Gesù ai discepoli consiste nel vincere il male con il bene. Quest’esempio dato da Gesù, col sacrificio della sua vita per noi peccatori e col perdono dei suoi uccisori, è quello che tutti i martiri hanno imitato, a partire da Santo Stefano, e che Leonella ha avuto la grazia di poter seguire. Mons. Nosiglia ci ha ricordato che “essere cristiani è scegliere, pensare, amare, pregare come Gesù ha fatto, ma vuol dire mettere in bilancio di essere chiamati anche a dare la vita!” L’Arcivescovo, citando un versetto della Prima lettera di Giovanni: “Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”, ha sottolineato come questa espressione non vada edulcorata e intesa come un generico desiderio di dedizione ma vada intesa letteralmente come “versare il sangue”. Il martirio, infatti, è il sigillo della testimonianza cristiana, come la croce è il sigillo dell’esistenza totalmente donata di Gesù. “Suor Leonella – ha detto ancora Nosiglia – è stata privilegiata perché ha ricevuto questo sigillo come approvazione della sua vita”.

L’Arcivescovo ha affidato all’intercessione della Beata Leonella la Chiesa di Torino, bisognosa di forza, vigore e speranza di fronte a tante difficoltà e sofferenze che la circondano. “Mai peccare contro la speranza! – ci ha ricordato Mons. Nosiglia – perché Dio opera il bene anche lì dove tutto sembra male. Anche nelle realtà più oscure nascono vocazioni al martirio, che è il massimo della manifestazione della gloria di Dio”.

I canti e le intenzioni di preghiera dei fedeli, in portoghese, italiano, filippino, rumeno, spagnolo, kiswahili… e l’Offertorio, affidato a fedeli di tante nazionalità, ci hanno aiutati ad assaporare la vocazione della Chiesa ad essere sacramento di unione con Dio e di unità di tutta la famiglia umana, in questi tempi in cui l’accoglienza dell’altro – soprattutto se bisognoso, debole, perseguitato – sembra tanto difficile.

La celebrazione è stata vissuta e si è conclusa in un clima di raccoglimento e di pace; il volto sorridente di Suor Leonella, che ora vive in pienezza la Consolazione, ci ha accompagnati e continuerà ad accompagnarci, indicandoci strade di gioiosa e radicale donazione ai fratelli e alle sorelle che Dio metterà sul nostro cammino.

Paola La Malfa

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